20 Mar Festina lente: affrettati lentamente
Mi succede spesso. Persa nel vortice delle tante – troppe! – attività e scadenze quotidiane, mi ripeto: “Vai più veloce!”, “Non perdere tempo!”, “Non fermarti!”.
Agire in velocità non è sempre sinonimo di produttività ed efficienza, però.
Pensare in corsa e agire in fretta condiziona inevitabilmente il nostro stile di vita e l’approccio al lavoro.
Otium o negotium?
Binomio in contrasto che mi fa riflettere. I Romani consideravano l’otium come qualcosa a cui tendere, per vivere una vita tranquilla e felice. L’otium implicava la dedizione allo studio, alle relazioni, alla contemplazione dell’arte e della natura, alla cura del corpo e dello spirito.
Il negotium riguardava invece l’attenzione alla vita politica, agli affari pubblici, al lavoro: tutto ciò che era considerato necessario per sopravvivere.
L’otium era considerato fondamentale: dedicarsi all’arte, alla musica e alla lettura avvicina alla scoperta di se stessi e delle bellezze del mondo. Secondo il filosofo Seneca, impiegare il tempo in funzione delle “virtù” implicava costruirsi una morale e a raggiungere lo status di “saggio”.
Oggi invece, nella società capitalistica in cui viviamo, il termine ozio ha acquisito un’accezione completamente diversa: nel gergo comune è utilizzato per indicare uno stato di nullafacenza, inerzia, improduttività, ed il termine negotium è ormai considerato lo status su cui fondare necessariamente la nostra vita. Attività come leggere o passeggiare sono considerate superflue: una perdita di tempo.
Se ci pensiamo però, tutto questo fare impazzito ha portato sempre più spesso ad alienarci e a favorire stati di ansia e di stress che stimolano in realtà un effetto boomerang, deleterio per la produttività: più evitiamo di fermarci, più siamo stressati; più siamo stressati, più rendiamo meno di quanto ci siamo prefissati.
Il sociologo Domenico De Masi ha restituito un’accezione positiva al termine ozio. De Masi ha infatti introdotto il concetto di ozio creativo, affermando che quando riusciamo a trovare un equilibrio tra le dimensioni fondamentali della nostra vita (lavoro – studio – divertimento), e dedichiamo il giusto spazio a ciascuna di esse, allora entriamo in uno status di grazia e benessere, che permette di stimolare positivamente la nostra creatività, per essere più produttivi.
Ritrovare il senso profondo della pausa, dell’attenzione, del qui e ora, la capacità perduta di godere in pienezza del tempo, torna ad essere dunque nuovamente importante.
Questa riscoperta dell’otium porta con sé i concetti di contemplazione e di lentezza, intesi non come inattività o ritardo, ma come processo consapevole.
Il neurobiologo Lamberto Maffei, nel suo libro Elogio alla Lentezza, afferma che il nostro cervello ricorre a due modalità di pensiero: uno rapido, preziosissimo per prendere decisioni in situazioni di pericolo, ed uno più lento, che ci rende capaci di apprendere, di metabolizzare, di creare le nostre opinioni e di mettere in discussione quelle degli altri, formando così la nostra personalità.
Ritenere che debba prevalere una sola delle due modalità di pensiero sarebbe un errore: sono entrambi vitali per la nostra evoluzione. Dare spazio alla sola filosofia del fast-thinking rischierebbe di renderci macchine prive di unicità.
Il professore Peter Bacevice della University of Michigan, sostiene che la filosofia dello slow work, se adottata in campo professionale, porta dei reali benefici quotidiani. Il cervello ha bisogno di fermarsi ogni tanto: prendere delle piccole pause, fare attenzione al respiro, camminare. Si tratta di micro-azioni che possono portare a grandi benefici.
Ispiràti dal pensiero classico, cogliamo allora nel monito latino dell’Imperatore Augusto “Affrettati lentamente”, la formula che ci porta nel giusto equilibrio tra ritmi frenetici che viviamo quotidianamente e i ritmi naturali, più lenti, che appartengono alla nostra mente e al nostro corpo. La chiave è affrontare le situazioni con determinazione ed efficienza, ma senza strafare, dando ascolto al nostro corpo, quando ci comunica che è il momento di rallentare, per poi proseguire la corsa in modo più efficace.
Pensarlo è facile, attuarlo un po’ meno.
Io ho trovato ispirazione leggendo il Manifesto dei diritti naturali dei bambini e delle bambine, del maestro di scuola d’infanzia Gianfranco Zavalloni. Secondo Zavalloni, un’educazione sana garantisce ad ogni bambino lo svolgimento di attività in cui può sentirsi libero di sperimentare i limiti e le potenzialità del proprio corpo per conoscersi meglio:
1. IL DIRITTO ALL’OZIOa vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti
2. IL DIRITTO A SPORCARSI a giocare con la sabbia, la terra, l’erba, le foglie, l’acqua, i sassi, i rametti
3. IL DIRITTO AGLI ODORI a percepire il gusto degli odori, riconoscere i profumi offerti dalla natura
4. IL DIRITTO AL DIALOGO ad ascoltatore e poter prendere la parola, interloquire e dialogare
5. IL DIRITTO ALL’USO DELLE MANI a piantare chiodi, segare e raspare legni, scartavetrare, incollare, plasmare la creta, legare corde, accendere un fuoco
6. IL DIRITTO AD UN BUON INIZIO a mangiare cibi sani fin dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura
7. IL DIRITTO ALLA STRADA a giocare in piazza liberamente, a camminare per le strade
8. IL DIRITTO AL SELVAGGIO a costruire un rifugio-gioco nei boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi, alberi su cui arrampicarsi
9. IL DIRITTO AL SILENZIO ad ascoltare il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell’acqua
10. IL DIRITTO ALLE SFUMATURE a vedere il sorgere del sole e il suo tramonto, ad ammirare, nella notte, la luna e le stelle
Sarebbe importante anche per noi adulti ritagliare alcuni spazi per ritrovare il contatto con i ritmi lenti della natura, ridando vita a quello che è il nostro bambino interiore: non trovate?
A mio parere, sarebbe importantissimo.
Viviamo in modo frenetico, ma riconoscerci il diritto di rallentare ogni tanto porterebbe vantaggi anche in termini di produttività.
Abbandoniamo la convinzione che la produttività si misuri in termini di quantità del tempo e riscopriamo la lentezza come acceleratore di innovazione: oggi innovare significa creare, partorire idee nuove e molto spesso fare meno, ma meglio, porta più risultati.
Fallo senza fretta e prenditi il tempo perché la tua lentezza è l’equilibrio per restare in piedi…