07 Set Se non posti, non esisti. E poi?
E poi, è il finto asteoroide ad accendere la polemica…
Premetto. Sono sui principali social. I social mi interessano e li trovo utili per il mio lavoro e per la mia vita privata. Scelgo cosa postare e cosa no. Ma non vivo di social. E non posto in modo convulsivo…
Primo argomento. Mai, come questa estate, ho partecipato così invasivamente alle vacanze di tutte le persone che conosco… e che non conosco. In ordine di predominanza, foto di piedi, di tavolate imbandite, di sorrisi smaglianti individuali, di coppia e di gruppo e di panorami mozzafiato. Non avevo mai sperimentato una tale foga del post estivo. Compulsiva a volte, direi.
Anche durante le mie vacanze, ho incontrato diversi autori di foto da social. Le riconosci a un km di distanza: molto spesso pensate, impostate, ragionate. Non che ci sia qualcosa di male. Ma da osservatrice asettica della società, rilevo un aumento della tendenza a far “vedere” agli altri quanto il nostro momento di vacanza, di distacco dal mondo, sia stato meraviglioso, esclusivo, irripetibile. Non so bene cosa ci sia dietro questo comportamento diffuso: che sia voglia di condividere, pura e autentica, inizio a dubitarne. Forse, con una buona probabilità, si tratta di esorcizzare qualche fragilità, di mettere in mostra la “fuga dall’inferno, finalmente in viaggio, la tua vacanza in un pacchetto omaggio”.
Ma poi queste vacanze sono state realmente meravigliose, esclusive e irripetibili? I fotografi da social le vacanze le hanno davvero vissute tra una foto e una posa originale? Proprio non saprei rispondere a questa domanda. Di certo non hanno staccato la spina dal mondo da cui spesso si fugge un po’, quando si parte per una vacanza. L’attrazione social è troppo forte.
Passiamo al secondo argomento. Avete letto la bagarre sullo spot di una famosa merendina? Ormai se ne parla un po’ ovunque sui social. Si legge più o meno così: “È bufera sul nuovo spot pubblicitario del Buondì M… in rotazione sulle principali rete tv. Un asteroide seppellisce una mamma nel finale della scena”. Molti hanno attaccato lo spot perché lo ritengono un attacco alla famiglia. Molti lo ritengono offensivo perché dei bambini si sarebbero messi a piangere per il finale con il colpo di scena. Molti lo ritengono geniale, perché hanno colto e valorizzato il senso ironico dello spot e il carattere innovativo della logica pubblicitaria che c’è dietro.
Al momento, io, non ho ancora un’idea sullo spot: rimango incollata ogni volta sull’immagine dell’asteroide, e anche un po’ turbata, quindi credo che tecnicamente funzioni. Non so ancora se mi piace o non mi piace: non so se metterei like o no. La cosa interessante è che ne parlano tutti, confermando ogni volta la potenza disarmante dei social e anche la velocità con la quale si creano bolle petalose assolutamente pari a quella con cui le stesse bolle finiscono nel nulla. Anche questo fa parte del nostro occidentali’s karma.
Cosa c’entra lo spot del Buondì con le foto delle vacanze? Ho iniziato a pensare che il post convulsivo nasconda il desiderio intrinseco, profondo, incoffessato di creare il fatto, di essere protagonisti di un evento di cui tutti parlano, di essere re della rete per un attimo.
Ed è questo quello che mi fa riflettere: siamo spesso alla ricerca di modi per fare cose diverse dagli altri, per farci notare. Ma sbagliamo, a volte, strategia, facendo esattamente quello che fanno tutti gli altri. Questo da una parte è la forza dei social, che vivono anche di chi parla dello spot della merendina a braccetto con l’asteroide e di chi condivide e commenta le foto delle vacanze. Dall’altra, è un segnale di valore antropologico, sociologico e culturale, sui bisogni e le aspettative delle persone verso gli altri che li circondano.
E allora hanno ragione i cantanti virali contemporanei che si appellano al dubbio amletico: “vorrei, ma non posto?!”. Nei miei auspici di inizio anno lavorativo: vorrei vedere meno post su vite patinate e più foto di esperienze autentiche, meno lucenti e più goffe, che possano far viaggiare con il cuore le persone che le guardano. E vorrei leggere commenti meno impulsivi, più ragionati, più consapevoli.
E non è una questione di netiquette. Bhé ci sarebbe anche quella in realtà. Ma non è la priorità. La priorità è la convivenza virtuale, che mi sembra ancora più in crisi di quella reale, generando veri e propri socio-mostri, in linea con il nuovo trend del disgustorama, il gusto per il non bello. Per il brutto, ecco.
Speriamo bene.