25 Nov Come usare gli hashtag su Twitter, Facebook e Instagram
La parola hashtag è in pochi anni entrata nel nostro vocabolario, spesso associata esclusivamente a Twitter. D’altra parte, è proprio grazie a questo social network che il termine si è diffuso anche fra coloro che non avevano come passione principale quella di twittare.
L’associazione hashtag-Twitter può intendersi però superata, poiché questo strumento è ormai utilizzato anche all’interno di altri social network. In questo articolo analizzeremo le peculiarità dell’uso di hashtag, oltre che in Twitter, anche su Facebook e Instagram.
Prima di iniziare, proviamo a definire la parola hashtag: il vocabolo ha origine dall’unione di due parole inglesi, hash (=cancelletto) e tag (=etichetta). Si tratta, in sintesi, di una parola preceduta dal carattere cancelletto (#), utilizzata per indicizzare un contenuto: una sorta di etichetta virtuale.
La funzione di un hashtag è quella di ricondurre in maniera immediata il contenuto pubblicato ad un determinato argomento (#cucina, #calcio, #Elezioni2016, etc.). Una volta inserito, l’hashtag viene rappresentato sotto forma di link e chi visualizza quel contenuto, facendovi clic sopra, può visualizzare un elenco di altri contenuti indicizzati con il medesimo hashtag.
Gli hashtag possono essere utilizzati fuori dal contenuto testuale vero e proprio (ad esempio, in un tweet: “Veramente avvincente il confronto dei due candidati alla presidenza americana di ieri notte. #Trump #Clinton“), oppure possono essere inseriti all’interno del testo (“Veramente avvincente il confronto di ieri sera fra #Trump e #Clinton: i due sfidanti per la casa bianca”).
Come, quando e quanto utilizzare un hashtag? Si tratta di variabili strettamente legate al social network in cui ci si trova.
Vi sono però alcune regole comuni, prima di tutto tecniche:
- un hashtag è composto dal carattere # immediatamente seguito dalla parola;
- il primo spazio dopo il cancelletto interrompe l’hashtag: per indicizzare un contenuto relativo a Nelson Mandela, utilizzeremo quindi l’hashtag #Mandela o #NelsonMandela e NON #Nelson Mandela;
- inserire un segno di interpunzione (punti, virgole, ecc.), equivale ad inserire uno spazio e l’hashtag viene ugualmente interrotto;
- è possibile, da un punto di vista meramente tecnico, inserire un underscore (#Nelson_Mandela).
Vi sono poi delle regole non tecniche, che riguardano la netiquette ed il buon senso:
- gli hashtag servono ad indicizzare, quindi devono essere semplici e facilmente memorizzabili (per esempio l’underscore, di norma, non è la scelta ottimale);
- se si utilizzano gli hashtag all’interno del testo, bisogna limitarne il numero per evitare di rendere il contenuto illeggibile (“Veramente #avvincente il #confronto #televisivo su #sky ieri #sera fra i due #sfidanti per la #casa_bianca: #Trump e #Clinton”);
- nel tentativo di rendere maggiormente visibili i propri contenuti, spesso molti utenti inseriscono hashtag popolari (molto utilizzati e visualizzati in quel momento), all’interno del proprio post. Può essere anche una strategia, ma… farlo in maniera forzata e fuori contesto è inutile, se non dannoso!
- gli hashtag servono a far trovare agli altri utenti il tuo contenuto: è quindi opportuno che siano, oltre che pertinenti, anche specifici;
- l’hashtag più popolare non è necessariamente il migliore. E’ vero, che etichettando un post con un hashtag popolare, lo si inserisce in un “contenitore” che viene visto da moltissime persone. E’ anche vero, però, che questo “contenitore” è pieno di “contenuti” ed il tuo post sarà una goccia, nel mare delle migliaia di altri post etichettati allo stesso modo!
Vediamo, dunque, alcune regole specifiche per i singoli social network.
Gli hashtags si sono diffusi con Twitter e ne costituiscono uno degli elementi fondanti. Quando parli su Twitter, parli potenzialmente a tutti ed è quindi fondamentale, che il tuo contenuto sia riconducibile ad un determinato tema, in modo da farlo visualizzare a tutti coloro che ne sono interessati. Twitter è un social network diverso da Facebook o LinkedIn, il cui tratto distintivo è rappresentato dalla relazione che hai con le persone, che fanno parte della tua rete. Twitter è infatti definito content-based, cioè basato sui contenuti, poiché qui parli a tutti, o meglio, a tutti quelli interessati ai tuoi contenuti. Proprio in funzione di questa sua caratteristica, è importante specificare che tipo di contenuti stai pubblicando: gli hashtag ti consentono di farlo in maniera semplice ed immediata.
Essendo i contenuti di Twitter prevalentemente testuali, valgono le regole generali su quantità di hashtag (per non appesantire il testo) e pertinenza.
Recenti studi dimostrano che:
- inserire hashtag aumenta considerevolmente le percentuale di engagement del tuo tweet;
- la percentuale di engagement scende però progressivamente, all’aumentare degli hashtag.
Il consiglio è pertanto di non riempire il tuo tweet di hashtag, ma di limitarti a 2 o 3 (al massimo).
Twitter permette di visualizzare quali sono gli hashtag più popolari al momento in cui pubblichi ma – come abbiamo visto – l’hashtag più popolare non è necessariamente il migliore. Ciò non significa, però, rinunciare ad avvalersi di questa funzionalità. Una buona soluzione potrebbe essere quella di inserire un hashtag nuovo, accompagnandolo con uno pertinente e popolare. Farlo è come iniziare una nuova conversazione aperta a tutti.
Quando inserisci il carattere #, Twitter ti suggerisce, mentre stai digitando, gli hashtag che corrispondono alla stringa di testo scritta. In questo modo, puoi decidere di volta in volta, se accodarti ad un hashtag esistente o se crearne uno nuovo, per evitare che il tuo tweet venga etichettato erroneamente.
Gli hashtag sono utilizzabili su Facebook dal 2013, anche se la loro diffusione non è assolutamente paragonabile a quella che hanno avuto su Twitter! Il motivo principale è che i due social network hanno un approccio diverso: Facebook nasce per ricostituire una comunità; Twitter è invece il luogo da cui si lanciano contenuti nel web, affinché possano essere letti da chiunque sia interessato. Anche se le impostazioni di privacy su Facebook sono personalizzabili, la condizione più comune è che si rendano visibili i propri contenuti solo agli amici e che si visualizzino solo le cose da loro pubblicate. In questo caso, il numero di contenuti visualizzabili è basso, pertanto non vi è l’esigenza di catalogare ogni cosa.
E’ chiaro, quindi, che su Facebook il funzionamento degli hashtag non è difforme da quanto finora descritto: anche per i post con gli hashtag valgono le impostazioni di privacy, quindi:
- cliccando su un hashtag vedrai solo i post dei tuoi amici (o di chi ha pubblicato un post con l’opzione di privacy Pubblico);
- il tuo post con hashtag verrà visualizzato solo da coloro che rientrano nel perimetro delle tue opzioni di privacy.
Queste perplessità sulla funzione degli hashtag su Facebook valgono meno per le pagine professionali con molti fan, ma rimane comunque il problema che la funzionalità non viene utilizzata di norma dall’utente medio, per visualizzare post correlati. Tutte le ricerche svolte negli anni (l’ultima è di Buzzsumo nel 2016), dimostrano proprio l’inutilità degli hashtag nel creare interazione con un post.
L’utilizzo degli hashtag su Instagram presenta peculiarità originali. Innanzitutto è bene sapere che:
- il numero massimo di hashtag che puoi inserire è 30;
- vengono considerati come hashtags del post anche quelli inseriti (sempre dall’autore), nei commenti successivi.
La principale differenza da rilevare rispetto a Twitter e a Facebook, è che su Instagram la componente principale è quella visiva e l’immagine riesce a comunicare da sola, anche senza un commento. Ciò permette di utilizzare lo spazio dedicato alle didascalie, non solo per accompagnare l’immagine, ma anche per inserirvi degli hashtag, senza “disturbare” la fruizione del contenuto. La conseguenza è che su Instagram è possibile inserire un numero di hashtag maggiore rispetto a Twitter, senza diminuire l’efficacia del post. A tale riguardo, sono state effettuate numerose ricerche, per identificare un numero ideale di hashtag. Ognuna di queste ricerche ha dato risultati (anche sensibilmente) diversi: alcune hanno stabilito che 11 sia il numero ottimale di hashtag per generare interazioni, altri che sia (non più di) 7. C’è anche chi sostiene che le migliori performance si ottengano, invece, con 15 o con 30 hashtag… E’ chiaro, che tali differenze dipendano dal momento in cui la ricerca è stata effettuata e dal campione statistico utilizzato. Vi è un punto però, su cui tutte le ricerche concordano: non apporre hashtag è la scelta peggiore che si possa fare. Instagram, come d’altra parte Twitter, è guidato dai contenuti che pubblichiamo e non dalle relazioni personali che abbiamo con i nostri follower. Catalogare correttamente tali contenuti è, quindi, essenziale.
Anche Instagram consente di visualizzare gli hashtag già esistenti, non appena cominci a digitare una stringa di testo preceduta dal carattere #. Questo ti permette di conoscere in anticipo se e come un hashtag è stato già utilizzato (scoprendo, magari, che è già popolare per un significato totalmente diverso da quello per cui intendi utilizzarlo).
Per quanto riguarda la scelta di inserire o meno hashtag popolari, valgono le considerazioni già fatte per Twitter: l’unica differenza è che Instagram non dispone al suo interno di una funzionalità che ti consente di conoscere quali siano. Nessun problema, però: per colmare la lacuna, puoi affidarti a servizi esterni gratuiti come websta o top-hashtag.